Quando si pensa alla F1 non la si collega di certo subito alla Yamaha, eppure la casa di Iwata ha dato il proprio contributo.
Se in MotoGP il Giappone ha avuto un ruolo centrale per quanto riguarda la produzione di due ruote dalla straordinaria potenza e prestazioni, non vi è dubbio alcuno sul fatto che in F1 le cose non siano andate nel migliore dei modi. La Honda e la Toyota avevano provato a imporsi, investendo anche non pochi soldi, ma purtroppo i risultati non sono mai arrivati.
Chi di certo non si aspetterebbe nessuno in F1 è invece la Yamaha, con il colosso nipponico che è sempre stato legato unicamente alle moto. Anche nella categoria di punta sono giunti tantissimi successi straordinari, con campionissimi del calibro di Giacomo Agostini o di Valentino Rossi che hanno vinto in sella a essa.
Alla fine degli anni ’80 vi era anche lo statunitense Eddie Lawson, capace di salire in cima al mondo in ben quattro occasioni, tre delle quali con la Yamaha. L’ultimo trionfo del 1989 arrivò con la Honda, ma quell’anno non è particolare solo per Lawson, ma anche per la stessa casa di Iwata, con questa che era entrata a far parte in modo del tutto inatteso in F1.
La Yamaha stava dimostrando il proprio valore in pista nel MotoMondiale e nel 1988 decise di progettare, grazie alla collaborazione con la Zakspeed, uno storico motore che prese il nome di OX88. Lo si sarebbe utilizzato in F1 a partire dall’annata 1989, con questo che era un V8 da 3500 di cilindrata in grado di erogare in pista circa 600 cavalli.
Il progettista fu Taaki Kimura e la scuderia tedesca aveva grande fiducia nei confronti del motore della Yamaha, con questo che avrebbe dovuto essere uno dei più affidabili, come accade con le moto. In realtà le cose non andarono per nulla nel migliore dei modi, anzi ci si trovò di fronte a un picco prestazionale come poche altre volte accadde nella storia, tanto da essere considerata quella Zakspeed 891 una delle peggiori auto di sempre in F1.
In tutto il Mondiale infatti, il pilota giapponese Aguri Suzuki non riuscì mai a qualificarsi per la gara e non andò molto meglio al tedesco Bernd Schneider. Per lui la gara iniziò sia in Brasile che in Giappone, peccato solo che in Sudamerica si scontò con la Arrows di Eddie Cheever mentre a Suzuka gli si ruppe il cambio dopo un giro. L’esperienza portò così la Zakspeed non solo a chiudere il rapporto con Yamaha, ma a uscire dal mondo della F1.