Auto connesse dappertutto, eppure pochi sanno cosa succede ai dati che raccolgono. Una realtà preoccupante che sta venendo a galla.
Aprire il TG, o dare una scorsa si social, in questi anni è diventato un costante ammonimento per incrementare la cybersicurezza. Occhi a quello che ti chiedono, a quello che rispondi, alle password che scegli. Attenzione a che il computer e lo smartphone non siano infestati da malware che attinge ai tuoi dati.
Anche gli Stati combattono su questo fronte, spesso uno contro l’altro. Ci sono social che vengono messi in discussione, e persino minacciati di chiusura perché non è chiaro dove finiscano i dati che maneggiano. Già, dove finiscono i nostri dati, chi ne ha accesso, cosa può farci. La domanda sorge spontanea, anche riguardo alle nostre auto sempre più connesse, sempre più in rete, sempre più a rischio sul fronte della cybersicurezza.
La sicurezza dei nostri dati al volante: un miraggio?
Guidare un’auto moderna è come avere un computer su ruote. Navigatori, schermi touch, sensori: la tecnologia ha invaso l’abitacolo. C’è un lato nascosto però: un flusso continuo di informazioni esce dalla nostra auto. Dove va a finire? Non sempre è chiaro.

Pensateci un attimo, è impressionante: la vostra macchina sa dove andate, quando, per quanto tempo. Conosce come guidate, le vostre abitudini, persino che musica ascoltate. È come un assistente personale, solo che questo assistente racconta tutto in giro.
Le case auto dicono di usare questi dati per migliorare i servizi. Grazie, è una bella cosa, e in parte è anche sicuramente vero. Altre volte però i nostri dati vengono utilizzati in modo meno candido: li vendono ad altri per pubblicità o chissà cos’altro. Soprattutto, non si capisce bene chi ci mette le mani sopra.
Il problema è che molti non si rendono conto di quanti dati raccolgono le loro auto. Ci dicono di stare attenti a tutto, ma accettiamo i termini di servizio senza leggerli, e regaliamo così pezzi della nostra vita privata, perché ne venga fatto un uso che ci si potrebbe anche ritorcere contro.
Prendiamo ad esempio Stellantis: permette di gestire alcuni aspetti della raccolta dati, come la posizione. È sicuramente apprezzabile ma rimane vaga su tante altre cose. Che ne è, per dire qualcosa su cui il silenzio rimane totale, dei dati presi dai telefoni collegati all’auto?
Non è l’unica. Uno studio australiano su 15 marchi ha trovato un sacco di buchi nella tutela della privacy. Capire cosa dicono davvero le politiche sulla privacy è un’impresa. Intanto, i nostri dati girano per il mondo, e non possiamo farci niente.
Il rischio non è solo per la privacy. Le auto connesse sono sistemi delicati: un hacker potrebbe metterci in pericolo. Immaginate se prendesse il controllo dei freni mentre andate in autostrada: un incubo che fa venire i brividi,.
Non è fantascienza. Le auto moderne hanno un sacco di computer collegati tra loro. Una falla nel sistema audio potrebbe dare accesso a funzioni vitali del veicolo.
Le autorità cercano di mettere ordine. L’EDPB chiede il consenso esplicito per raccogliere i dati. È un inizio, certo. Ma non basta assolutamente. La sicurezza che ci riguarda non è solo quella della guida, riguarda anche i nostri dati. E su questo dobbiamo tutti fare molto di più.