Conosciuta come la motocicletta da strada più veloce del mondo prima che le case produttrici “patteggiassero una tregua” la Suzuki Hayabusa supera ogni limite in questa versione destinata alle rampe di lancio della NASA più che alle nostre strade. Così tanti cavalli che è impossibile contarli: ecco quante ne faranno e quanto costerà.
Quando è troppo, è troppo: non per la casa Suzuki che pur avendo annunciato il suo ritiro in un futuro prossimo dal MotoGP non ha nessuna intenzione di smettere di produrre dei veri missili su due ruote che non sfigurerebbero in un eventuale lancio della NASA sulla Luna o su Marte. Ecco come il modello più famoso – e potente – di tutti ha acquisito ancora potenza.
Lo chiamavano Falco
Agli inizi del duemila, le case produttrici di moto giapponesi ed europee erano impegnate in una singolare guerra: le armi non erano fucili, pistole o granate ma qualcosa di indiscutibilmente più spaventoso ovvero motociclette da strada che stavano arrivando pericolosamente vicine a superare i 300 chilometri orari di velocità massima.
Tra i marchi più spericolati troviamo Suzuki che proprio agli sgoccioli del vecchio millennio produsse quella che viene riconosciuta un po’ da tutti come la motocicletta stradale più veloce del mondo con una velocità massima di ben 312 chilometri orari. Quando i governi europei lasciarono intendere che se la gara fosse continuata avrebbero concordato un bando per le moto sportive però, i marchi dovettero sedersi al tavolo delle trattative molto in fretta…
Tregua temporanea?
I marchi che più si erano avvicinati ad abbattere la barriera dei trecento chilometri orari con i propri modelli più aggressivi, ai tempi Ducati, Yamaha, Suzuki stessa e BMW, decisero di trovare un formale ed ufficioso accordo per limitare la velocità massima dei propri modelli a 300 chilometri orari e non oltre. Tutti i marchi che operano in Europa hanno teoricamente aderito anche se ci sono stati un paio di casi in passato in cui dei marchi hanno provato ad aggirare la regola…
Tra le case che teoricamente potrebbero abbattere questo limite senza pensarci due volte c’è proprio il marchio giapponese che pur non schierando nemmeno una supercar sul mercato ha una superbike in arrivo. Si tratta della versione definitiva della storica Suzuki Hayabusa che porta il nome del volatile più veloce del mondo, rigorosamente in giapponese, e che stavolta mette in serio pericolo la stabilità di quello che conosciamo come Gentleman Agreement di fine novecento.
La potenza è terrificante
Formalmente la Suzuki non ha infranto nessun accordo con la nuovissima Suzuki SuperBusa che uscirà a breve sul mercato: infatti, il marchio giapponese non poteva fare molto per impedire al designer e brand esperto di tuning inglese TTS Performance di allestire una versione speciale della Hayabusa capace di erogare una potenza mai vista prima su una motocicletta per il mercato civile. Beh, diciamo pure che non è che ci abbiano provato così duramente.
Con la sua linea filante, la livrea blu sfumato e i monogrammi in giapponese che evidenziano la provenienza della moto, la SuperBusa si propone subito sul mercato come qualcosa di mai visto prima. Certo, la Hayabusa resta una moto da record, ma qui stiamo davvero raggiungendo una potenza degna di una supercar da pista. Per non parlare ovviamente del prezzo e dei numeri di produzione!
Dotata di un motore sovralimentato basato su quello della motocicletta originale, la SuperBusa può erogare ben 370 cavalli, fino a 382 secondo altre fonti: non lo sappiamo per certo perchè la TTS Performance sta ancora lavorando al progetto. Quello che sappiamo è che verranno costruiti solo 40 esemplari in serie limitata ed irripetibile al prezzo spaventoso di 54.000 Euro che per una moto sono davvero tanti.
La SuperBusa uscirà presto sul mercato con il suo motore sovralimentato, il porcellone rinforzato e la livrea personalizzabile mediante il pagamento di un piccolo…extra pecuniario per stimolare i costruttori a fare lo sforzo di cambiarle colore. Violerà il Gentleman Agreement? Estremamente probabile a meno che il marchio non decida di limitarne la velocità massima, cosa di cui dubitiamo. Chissà come reagiranno i governi europei. I centauri invece…beh, già lo immaginiamo!