La fine della stagione agonistica è un po’ come l’ultimo dell’anno: si fanno i bilanci di quello che è stato, magari cominciando – contemporaneamente – ad immaginare quello che potrà essere. Ma quando finisce un’intera carriera sportiva, le cose si fanno ancora più serie, la resa dei conti non può che essere esaustiva il più possibile. Dopo 19 anni di onorevole militanza, Troy Corser ha deciso di appendere casco e guanti al proverbiale chiodo.
Ci ha provato, negli ultimi tre campionati, a dare a BMW una fisionomia di squadra vincente, ma serve l’esperienza maturata sulla pista dall’intero gruppo di lavoro per arrivare al titolo mondiale, e la grande azienda tedesca non è ancora riuscita nello scopo di portare a casa l’iride del campionato delle derivate di serie.
Il prossimo anno toccherà a un Leon Haslam che ha già cominciato a muovere i suoi primi appunti alla casa, oltreché al nuovo arrivo Marco Melandri, cercare di dare a BMW le soddisfazioni tanto a lungo anelate; a Troy Corser, che a 39 anni e dopo aver vinto due titoli mondiali (oltre a 33 gare) ha deciso di fare il salto della barricata, il compito di curare le relazioni tra l’azienda e il box, sempre nel mondiale Superbike.
Per avere le idee giuste sul da farsi, però, bisogna prima sapere bene da dove si viene. Corser ha tutto molto chiaro a riguardo, e se gli chiedi di rivivere le tappe più importanti del suo – recente – passato da pilota comincia a snocciolarti una serie di aneddoti, senza però mai immalinconirsi:
“Ho corso per lungo tempo e questo giorno sarebbe prima o poi arrivato. È un giorno triste per molti, ma sapevamo che sarebbe giunto. Penso però che questo sia il momento giusto”.
Prima di confermare le voci che si sono rincorse negli ultimi mesi:
“Resto coinvolto nel mondo BMW: per me è un onore”.
Oltreché una piacevole sorpresa, in un mondo – quello dello sport professionistico – che troppo spesso non conosce la gratitudine. Sorprendente come la carriera ventennale di Troy Corser:
“Ho corso nel 1992 come wild-card, in sella ad una Yamaha, a Phillip Island e mai avrei pensato che di lì in poi sarei stato in grado di competere per vent’anni nel Mondiale Superbike. È stato tutto molto bello”.