Casey Stoner, vincitore di due mondiali in top class, ha lasciato i fan a bocca aperta per delle dichiarazioni sulla sua ex squadra e all’intera MotoGP.
Il campione del mondo 2007 e 2011 della classe regina avrebbe potuto scegliere il silenzio, ma tra tutte le opzioni, ha preferito raccontare la sua verità. L’australiano è stato tra i migliori interpreti del Motomondiale di tutti i tempi. Ha vinto meno rispetto al potenziale, semplicemente, perché si è ritirato a 27 anni. Chissà quali traguardi avrebbe potuto raggiungere se solo avesse deciso di appendere il casco al chiodo all’età di Valentino Rossi.
Proprio il Dottore è stato uno dei suoi acerrimi rivali in pista. Le battaglie tra il ducatista e l’ex rider della Yamaha sono state senza esclusioni di colpi. L’australiano, a livello di talento puro, non aveva nulla da invidiare al centauro di Tavullia, ma tendeva a soffrire molto i mind games. Sul piano mentale Casey odiava la concentrazione mediatica che si era creata intorno alla sua figura e Rossi non faceva altro che ingigantire le attenzioni. Casey ama una vita semplice, senza particolari sollecitazioni, ma era stato premiato con delle skill da fuoriclasse.
Da giovane aveva lasciato la sua amata Australia per affrontare un percorso impervio in Europa. Trovò la sua consacrazione, al suo primo anno, in sella alla Desmosedici. Probabilmente nessun rider della griglia avrebbe potuto ottenere simili risultati, nemmeno Capirossi che aveva visto nascere e crescere il progetto in MotoGP della casa di Borgo Panigale. Ai tempi i piloti potevano fare ancora la differenza. C’era molta meno elettronica e il manico determinava il passo gara.
Oggi i prototipi della MotoGP sono un concentrato di tecnologia estremo, a tutto svantaggio dello spettacolo. Con troppa aerodinamica in pista i rider non hanno più avuto la possibilità di uscire di traiettoria ed effettuare manovra come quelle che inscenarono Valentino Rossi e Casey Stoner a Laguna Seca nel 2007.
La bocciatura di Stoner alla MotoGP
L’australiano non ha approvato il nuovo format delle Sprint Race che ha tolto un po’ di pepe alla competizione. “Non mi piace per niente – ha ammesso il nativo della Gold Coast in una intervista alla Gazzetta dello Sport – È un campionato del mondo, quindi l’attenzione deve essere focalizzata sulla gara della domenica. Il bello della MotoGP è che non ha bisogno di novità per creare corse incredibili. Non siamo la Formula 1 e secondo me dovremmo smettere di copiarli, dato che il nostro sport è molto più complesso a livello fisico“.
Casey è poi tornato sull’involuzione della classe regina, sempre meno incentrata sulle skill dei piloti: “La moto è diventata più importante del pilota e non sono d’accordo con questa progressione. Alcuni piloti sono molto più bravi ad uscire dalle curve e ad avere più controllo durante l’accelerazione, come Dani Pedrosa: le qualità che servono per dimostrare una guida superiore ma questa qualità sono azzerate dall’elettronica, l’unico modo in cui si può fare la differenza è staccare più tardi per entrare in curva“.
Stoner ha riportato l’esempio di Pedrosa. Ai tempi in quel particolare era, semplicemente, più forte in Honda. Pur non vincendo mai un mondiale lo spagnolo era in grado di esaltarsi con uno stile di guida autentico.
Ora gli elementi che una volta erano gestiti dal pilota come la trazione, la gestione delle gomme e il rischio di impennata sono controllati dall’elettronica. Secondo Casey vi sono piloti della griglia che sono svantaggiati dall’attuale sistema, ma difficilmente i vertici della classe regina faranno dei passi indietro.