Almeno per come se la ricordano esperti ed appassionati, questa motocicletta non aveva una grande reputazione in quanto ad affidabilità, voi che ne pensate?
Quando parliamo della storia delle motociclette o dei motorini italiani ci sono così tanti modelli da citare che non basterebbe un elenco delle pagine gialle per raccoglierli tutti. Alcune moto sono state un successo, altre un vero fiasco, altre ancora non erano per niente male ma non erano nemmeno esenti da difetti di ogni genere. Quest’oggi, parleremo di un modello che rientra nella terza categoria…
Anche se non viene ricordata con grande fervore dagli appassionati va detto che la motocicletta di cui parliamo oggi ha segnato l’industria già solo per il fatto che è stata progettata con il benestare di Alejandro De Tomaso. Ma si, parliamo proprio del pilota italo-argentino famoso per aver fondato la casa produttrice più estrema degli anni settanta ai tempi.
Ebbene, i fatti risalgono proprio a quel periodo quando il Gruppo Benelli che oggi è in mani cinesi venne rilevato da De Tomaso stesso che nel 1975 decise di provare a rilanciare la casa, in grosse difficoltà economiche, con un progetto che avrebbe dovuto cambiare per sempre il volto del brand: in verità però nonostante le buone intenzioni, questa idea non sarebbe andata a finire bene…
Farfalla di vetro
Meccanicamente e come estetica la Benelli 254 era davvero interessante: la due ruote era caratterizzata infatti da un design molto avanti per l’epoca, sicuramente impossibile da confondere con altre moto, così come non era possibile scambiare per un altro modello il suo propulsore a quattro cilindri monoalbero capace di erogare ben 28 cavalli nonostante la piccola cilindrata, un piccolo miracolo di ingegneria in sintesi!
Purtroppo la motocicletta non ottenne mai il successo sperato dal produttore, un po’ per il prezzo di 1.767.000 Lire che era solo poco più basso della più blasonata ed amata Moto Guzzi V35, un po’ perchè la cilindrata non andava bene per i centauri neopatentati che non potevano quindi guidarla, un po’ per dei grossi problemi di affidabilità del modello.
La complessità strutturale della motocicletta veniva pagata a caro prezzo: “Era fragilissima, si rompeva a guardarla e in strada come in pista, sapevi che ti aspettavano una lunga serie di guasti e problemi meccanici”, ricorda il pilota professionista Roberto Ranalli, solo uno dei centauri a riscontrare questa cosa. Niente in confronto alle più affidabili e soprattutto meno costose Honda e Kawasaki del periodo. Un vero peccato.