L’ufficialità è una mazzata. Nuovo allarme per i dipendenti di KTM. La notizia è terribile.
Come è possibile trovarsi dall’essere un costruttore di successo, iconico per le moto da asfalto e sterrato, nonché riferimento assoluto per quanto concerne le competizioni su quest’ultimo fondo, ad aver accumulato un debito da quasi 2 miliardi di euro all’insaputa di tutti? Sembra quasi impossibile, ma questo è quanto accaduto a KTM che, di punto in bianco è sprofondata in una crisi profonda.
Ormai nelle mani di un curatore fallimentare la Casa di Mattighofen si appresta a licenziare migliaia di persone e a lasciare in difficoltà un villaggio intero visto che il luogo in cui sorge il suo quartier generale vive sulle sorti del marchio, un po’ come a Torino è stato con la FIAT e ad Ivrea con la Olivetti. Non bastasse nelle ultime ore è arrivata una ulteriore mazzata che ha messo ancora più in allarme i dipendenti.
KTM in crisi, le moto invendute, gli errori di strategia
L’unica nota positiva è che, almeno per il momento l’azienda non chiuderà, in quanto il tribunale ha dato il via libera al piano di ristrutturazione ed entro il prossimo gennaio dovrebbero cominciare ad arrivare le prime offerte da parte degli investitori. Ovviamente, la luce in fondo al tunnel non significa che le difficoltà siano passate in un amen.
Sebbene il personale lasciato a casa sia sceso a quota 300, altre criticità si sono fatte largo come l’impossibilità di pagare gli stipendi, o il probabile fallimento dell’indotto, inoltre, stando a quanto riportato dal magazine Der Standard, ben 265mila moto sarebbero rimaste invendute nei magazzini, un numero che potrebbe non dire molto, ma che in realtà rappresenta la quantità di pezzi prodotti annualmente.
Va sottolineato che parte del debito accumulato, ovvero 1,2 miliardi di euro, sarebbero verso le banche causa crediti concessi senza garanzie. A questo punto si torna al quesito iniziale. Come si è finiti in una situazione del genere? Secondo il rapporto stilato dall’amministratore fallimentare sarebbero stati commessi gravi errori di gestione.
Ad esempio, malgrado il calo delle immatricolazioni, la compagnia avrebbe continuato a produrre a pieno regime aggravando l’accumulo di scorte. Non sarebbe infine mancati gli investimenti sfruttando il capitale preso in prestito, a partire dai 370 milioni di euro usati per finanziare le bici elettriche della Pierer New Mobility, fino ai 220 milioni di euro per acquisire MV Agusta.