Moto Guzzi a sorpresa: svelato il modello più strano della gamma, è irriconoscibile rispetto agli altri

Una Moto Guzzi completamente irriconoscibile, che potrebbe lasciare perplessi anche i guzzisti più appassionati e fedeli

Una Moto Guzzi che lascia a bocca aperta, la prima volta che la vedi. Eppure a suo modo anche una guzzona molto tradizionale. Difficile da definire, molto particolare da amare, più che un veicolo un vero pezzo di storia, che per questo vale la pena di raccontare e di conoscere in profondità.

Moto Guzzi assurda
La Guzzi più assurda di sempre – nextmoto.it

Era mezzo a tre ruote con motore a V e volante. Pensato per sostituire i muli degli alpini: il “Mulo Meccanico” rappresenta senz’altro l’esperimento più bizzarro mai tentato dalla casa di Mandello. Guardandolo non sapresti come definirlo perché ha un motore Guzzi a V e si guida a cavalcioni come una moto, eppure ha un volante. Ha tre ruote, può montare cingoli e non assomiglia a niente che abbia mai circolato su strada. Il “Mulo Meccanico” è davvero il veicolo più strano mai prodotto dalla Moto Guzzi. Un ibrido inclassificabile che non è moto, non è auto, non è sidecar. Sembra uscito dalla mente di un ingegnere con troppa fantasia e poco sonno.

Una Moto Guzzi nata per la montagna

Tutto iniziò nei primi anni ’50 quando il colonnello Ferruccio Garbari, tecnico dell’Esercito Italiano, si mise in testa un’idea ambiziosa: creare un mezzo meccanico per sostituire i muli usati dagli alpini in montagna. Ora, tutti sanno che i muli sono animali straordinari, capaci di portare carichi pesanti su sentieri ripidi e stretti dove nessun veicolo normale potrebbe passare, ma hanno anche le loro limitazioni.

Moto Guzzi assurda
Moto Guzzi Motocarro 3 x 3 (wikimedia commons) 06042025 nextmoto.it

I primi prototipi del mulo meccanizzato furono assemblati nelle officine militari di Bologna e come motore scelsero un monocilindrico orizzontale 500 preso dal motocarro Ercole della Guzzi. Non era perfetto, eppure i primi test furono promettenti perché il veicolo scalò le Dolomiti fino a 2296 metri e si spinse persino sul Rocciamelone, arrivando a quota 2854.

La discesa dal Rocciamelone fu invece un’avventura: troppo ripido, troppo rischiosa, quindi gli alpini dovettero legare il mezzo con corde e trattenerlo a braccia per evitare che precipitasse a valle. Nonostante questi problemi non da poco, l’idea sembrava avere futuro.

La Moto Guzzi entrò nel progetto con entusiasmo e ci lavorarono tre ingegneri di talento: Marcucci, Soldavini e Carcano, quest’ultimo già famoso per la mitica Otto Cilindri da corsa.

Il risultato fu sorprendente: il “Motocarro 3 x 3” diventò il primo veicolo di serie a montare quello che sarebbe diventato l’antenato del motore a V, futuro simbolo della casa di Mandello e poteva arrampicarsi su pendenze impossibili. Quando il terreno diventava troppo difficile, bastava montare i cingoli e via.

Eppure, ahimè non funzionò: i costi erano alti, la manutenzione complicata. La conseguenza fu che i muli veri, con la loro semplicità e affidabilità, restarono la scelta preferita degli alpini e il progetto venne abbandonato.

Oggi il “Mulo Meccanico” è una curiosità per appassionati come quei vecchi attrezzi strani che trovi in soffitta e non sai più a cosa servissero: rappresenta un tentativo coraggioso di risolvere un problema difficile con la tecnologia dell’epoca.

Il “Mulo Meccanico” resta comunque il simbolo di un’epoca in cui si osava sperimentare senza paura. Un po’ come quei prototipi folli che vediamo ai saloni dell’auto e pensiamo: “Non lo produrranno mai”. Eppure a volte quelle idee pazze cambiano il futuro.

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