Scatta l’allarme posti di lavoro nell’automotive. Anche Jeep è nel caos. I licenziamenti sono già cominciati.
Dall’Europa all’Asia e in parte all’America la crisi del settore dell’auto non sta risparmiando nessuno. Se fino a poco tempo fa Tesla sembrava un colosso impareggiabile per quanto concerne la produzione di veicoli elettrici, l’aggressiva concorrenza cinese l’ha fatta traballare e precipitare sull’orlo del fallimento. Non meglio sta andando ai costruttori più tradizionali, quelli con una lunghissima storia alle spalle fatta di successi commerciali e di modelli rimasti nella memoria di tutti, come Audi e Volkswagen.
Anche alla loro porta hanno bussato le difficoltà, specialmente per quanto concerne gli stabilimenti convertiti alla realizzazione di auto a zero emissioni che attualmente costano molto e convincono poco il mercato. Negli ultimi mesi si è fatto un gran parlare dei concessionari con i saloni pieni di vetture invendute, per questo motivo i produttori hanno deciso di tagliare il personale in fabbrica e il numero di mezzi rilasciati. Eclatante a questo proposito è il caso di Nissan, ma anche Jeep non se la passa bene.
Ormai da tempo il Gruppo Stellantis è al centro delle cronache per il crollo delle immatricolazioni delle automobili dei marchi di cui è proprietaria, uno stato allarmante che sta coinvolgendo soprattutto i rivenditori a stelle e strisce. Dopo i recenti casi di Alfa Romeo e Maserati, decisamente poco popolari ultimamente negli States, è scoppiato un altro bubbone, quello rappresentato dalla Jeep.
Qui se vogliamo la questione è ancora più dolorosa perché ha come protagonista la base di Toledo, in Ohio, dove dal 1945 sono stati realizzati e assemblati modelli iconici come la Gran Cherokee, la Wrangler, o la Gladiator. Ebbene, anche quella che sembrava una roccaforte, ha cominciato a sgretolarsi e dal 5 gennaio prossimo verrà dato avvio ad una serie di licenziamenti fino a raggiungere quota 1.100.
Ad essere interessata maggiormente è la sezione dedicata alla Gladiator, in produzione dal 2019. John Elkann e soci hanno definito il provvedimento “difficile , ma necessario”, proprio perché dovuto al bisogno di limitare l’accumulo dell’invenduto e di rendere la linea più agile ed efficiente. Messo di fronte al fatto compiuto il sindacato UAW si è fatto sentire, anticipando per le prossime settimane mobilitazioni volte a danneggiare il big italo-francese. Da quanto si apprende ai lavoratori verranno garantiti un anno di sussidio e due di assistenza sanitaria.