Tempo fa, ci siamo posti una domanda singolare: ma perchè un marchio legato al mondo della velocità come Lamborghini non produce nemmeno una motocicletta sportiva? La risposta complicata perché, che ci crediate o no, a Sant’Agata avevano davvero provato a fare una cosa simile. Poi, tutto è diventato difficile e costosissimo.
Costruire una motocicletta e produrre un’auto sportiva sono processi molto diversi e non è detto che un marchio che sa fare una cosa sia in grado di fare bene anche l’altra: non abbiamo mai visto una supercar Ducati e difficilmente vedremo mai un’altra motocicletta con marchio Lamborghini, specie dopo che il primo – ed unico – tentativo è finito in questo modo poco cerimonioso e drammatico.
Non è uguale
Proprio così, tutti i marchi hanno il loro ambito di competenza a prescindere dalla fascia di mercato automobilistico o motociclistico che essi detengono. Piaggio? Famosa per gli scooter. Ducati? Moto da corsa e turismo. Fiat? Utilitarie. Lamborghini? Supercar e…moto da corsa? Ebbene si, la casa di Sant’Agata tempo fa si è proprio cimentata in questa difficile avventura che ha avuto un esito…non troppo brillante.
Partiamo da un momento davvero nero per Lambo e se il detto “la fortuna aiuta gli audaci” è vero, in questo caso la situazione si è presto trasformata in un altro grande danno per il marchio, sottoposto ad una pesante umiliazione quando ormai la motocicletta sportiva, la prima mai ideata dalla casa specializzata in supercar, sembrava pronta ad uscire sul mercato stupendo tutti gli appassionati di motociclismo e supercar del mondo.
Idee pericolose
A ognuno il suo, insomma, questa sembra la morale di oggi. Ma come è arrivata Lamborghini a concepire l’idea di mettersi…su due ruote? Tutto parte in un momento drammatico per la casa ovvero il 1980, anno in cui la casa cambia gestione arrivando tra le mani di due fratelli francesi che rispondono al nome di Patrcik e Jean Claude Mimran, due milionari che vedendo la casa italiana sull’orlo della crisi economica, investirono ingenti fondi per mettersi a capo del marchio.
Sotto la gestione dei francesi la casa rinacque, vi diciamo solo un nome: Lamborghini Countach Quattrovalvole. Anche le migliori gestioni però a volte iniziano con il più sbagliato degli investimenti, in questo caso la Lamborghini Design 90 che purtroppo ad oggi resta solo un sogno sfumato per gli appassionati di motociclismo che ci hanno creduto davvero.
Cavalcare il toro
Per prima cosa, pronti al passaggio al mercato delle due ruote, i fratelli francesi ingaggiarono Thierry Henriette come designer, uomo di grande esperienza tra l’altro, e conclusero un vantaggioso accordo con la Kawasaki per un motore da 100 cavalli. E forse, sviluppare un motore originale marchiato Lamborghini fu il primo errore perchè se il progetto fosse andato in porto, Lambo sarebbe rimasta di fatto dipendente dai giapponesi per la fornitura di propulsori. Ma non è questo il problema principale.
Il problema principale ad affacciarsi subito con prepotenza sul progetto neonato fu di natura economica: lo sviluppo della motocicletta, inizialmente accolto benissimo dal pubblico, cominciò ad andare troppo per le lunghe. La Lambo non riuscì a concludere l’accordo con il marchio che doveva curare l’estetica della motocicletta e solo dopo sei lunghi anni di progettazione le prime moto furono pronte per essere costruite.
Nei piani dei francesi al comando di Lamborghini la prima serie di produzione avrebbe contato 25 esemplari della moto, una sorta di avanguardia per sondare il mercato e creare un primo zoccolo duro di appassionati a cui sarebbe seguita probabilmente una serie più cospicua. Ne vennero prodotte appena 6 prima che Lamborghini cancellasse tutto il progetto dopo aver perso milioni di Lire. Il prezzo degli esemplari di produzione si era ormai alzato troppo per coprire i costi, risultando inaccessibile.
Dopo questo “trauma” storico, a Lamborghini sono rimaste poche foto delle sei motociclette costruite che a quanto pare non hanno nemmeno trovato un proprietario all’epoca della loro messa in vendita. Dopo questo shock, è comprensibile che il marchio non voglia riprovare nemmeno lontanamente a spostarsi sul settore delle due ruote. Potete biasimarlo?