Un cavo d’acciaio teso tra gli alberi, una trappola mortale, un campione che l’ha scampata per un soffio. Una storia che fa venire i brividi.
Il mondo del motociclismo è abituato a convivere col pericolo. Le cadute fanno parte del gioco, gli incidenti pure. Ma questa volta non si parla di una normale scivolata o di un errore di guida. No, questa volta qualcuno ha deciso di giocare col destino di un pilota, tendendo una trappola che poteva trasformarsi in una condanna a morte.
La storia è una di quelle che colpiscono per incoscienza o volontà di fare danno, è ancora difficile stabilirlo. Come un cacciatore spietato che prepara la sua rete, un ignoto ha piazzato un cavo metallico lungo un sentiero nei boschi, proprio dove Tadeusz Blazusiak si stava allenando.
La trappola che poteva uccidere
Era un normale lunedì di allenamento per il campione polacco. Il rombo della moto che echeggiava tra gli alberi, la sensazione di libertà che solo l’enduro sa regalare. Poi, in una frazione di secondo, tutto è cambiato. Uscendo da una curva, Blazusiak si è trovato davanti quella trappola invisibile. Il cavo lo ha colpito alla spalla destra e ha sfiorato il viso, lacerando la pelle tra zigomo e guancia. Un taglio profondo, che ha richiesto un intervento di chirurgia plastica.
Il destino, questa volta, è stato clemente. Se quell’impatto fosse avvenuto in un rettilineo, a velocità piena, o se il cavo avesse colpito qualche centimetro più in basso, oggi staremmo raccontando una tragedia. Lo sa bene il quarantunenne Blazusiak, che sui social ha mostrato i segni di quella follia: un vistoso cerotto che copre la ferita, cicatrici che resteranno a ricordo di un odio incomprensibile.
“Non riesco a smettere di pensare a cosa sarebbe successo se quel cavo mi avesse preso al collo“, ha scritto il pluricampione di enduro, trial ed endurocross. Parole che pesano come macigni, che raccontano lo sgomento di chi ha sfiorato la morte per mano di qualcuno che “odia le moto”.
Nel mondo delle due ruote si è abituati a tutto. Alle cadute rovinose, come quella recente di Petrucci in Superbike che gli è costata una mandibola fratturata. Agli scontri in pista, come quello tra Arbolino e van den Goorbergh in Moto2. Ma questa è un’altra storia. È la storia di una violenza premeditata, di un gesto che va oltre ogni logica sportiva.
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Blazusiak ora sta bene, per fortuna. I muscoli del viso guariranno, la cicatrice resterà a ricordare quanto sia sottile il confine tra la vita e la morte. Ma resta l’amarezza, la consapevolezza che là fuori c’è qualcuno capace di tanto odio da voler far del male solo perché non sopporta il rumore di una moto nel bosco.