Harley Davidson ha annunciato la sua intenzione di chiudere lo stabilimento australiano di
Adelaide per delocalizzare l’attuale produzione australiana in
Cina, la nuova terra promessa per i costruttori di
due ruote a causa di un basso
costo della manodopera e di un
mercato in continua e rapida espansione.
La
casa americana specialista delle
moto custom è stata oggetto di pesanti critiche per la decisione presa, ma non sembra disposta a tornare sui suoi passi e ha fatto sapere che i costi per la
manodopera australiana e la stessa forza del
dollaro australiano non le permettono di essere competitiva sul mercato.
A fare le spese di questa delocalizzazione saranno soprattutto le 212 persone che perderanno il loro posto di lavoro: ad ognuno di essi il governo australiano garantirĂ circa 5000 dollari, utili per andare avanti ma di certo insufficienti a garantire un tenore di vita dignitoso sul lungo termine.
Si tratta dell’ennesima
chiusura nei paesi maturi per trasferirsi nei ricchi mercati asiatici, al momento i soli in grado di assicurare una
crescita di vendite e fatturato ai grandi colossi del
motociclismo:
la crisi del comparto due ruote insomma non è solo italiana ma globale e rischia di segnare la fine di
brand storici delle
due ruote o, come in questo caso, di lasciare senza lavoro maestranze qualificate che, in tempi normali, farebbero la gioia di molte aziende e non resterebbero di certo per la strada.
Dal punto di vista dell’immagine, comunque, ci rimette anche la casa di
Milwaukee, simbolo degli
USA che ora va a produrre in Cina (con buona pace dell’orgoglio a stelle e strisce).