Come si fa a sapere se la propria moto è ancora protetta dalla garanzia? Tutti i consigli su come sfuggire alle truffe.
Quando si acquista una moto si viene informati della presenza di una garanzia della durata di ventiquattro mesi. Ma siamo davvero sicuri che duri così poco? In pochi ne sono a conoscenza, ma in realtà alcune componenti sono tutelate molto più a lungo.
Attenzione però. Non si tratta di una copertura tout-court, quanto di un diritto di risarcimento qualora parti del mezzo risultino difettosi. Spesso lo stesso venditore e le officine fanno finta di niente e approfittando della scarsa consapevolezza dei clienti, una volta terminati i due anni, fanno pagare ogni sostituzione o riparazione.
Garanzia delle moto, come non farsi truffare
Ma cosa dice la legge a tal proposito? Il riferimento è il Dpr 224/88 che concerne la responsabilità per i prodotti che presentano delle problematiche. La normativa evidenza che qualunque cosa non offra opportuna sicurezza può essere definito come “difettoso”, il che significa che, procurando un danno al consumatore, il produttore dovrà procedere al risarcimento.
Il lasso temporale di validità è di ben 10 anni partendo dalla messa in circolazione del pezzo, nel nostro specifico caso dalla prima immatricolazione della motocicletta. A favore dell’acquirente c’è poi un altro particolare. Dal momento della manifestazione del problema si hanno altri 3 anni di tempo per fare domanda di rimborso.
Anche qui però non ci si deve confondere. Non si tratta di un’estensione del periodo garantito e anche sotto il fronte giuridico la materia viene affrontata diversamente. La garanzia permette di veder operata la riparazione immediatamente, non appena viene rivelato che qualcosa non funziona correttamente. La tutela consente al contrario di ricevere del denaro per poter in seguito rivolgersi ad un esperto per la risoluzione. Per esercitare tale diritto è necessario affidarsi ad un giudice.
Ovviamente è più facile dirsi che a farsi, in quanto per ottenere la somma richiesta deve esserci un guasto davvero rilevante, come i freni non bilanciati che portano ad un incidente, piuttosto che uno chassis come pasta frolla alla prima caduta. Un semplice fastidio non è sufficiente, deve esserci un danno strutturale di peso.
Il risarcimento può essere ricevuto sia per le riferite riportate da eventuali cadute connesse al difetto, o per lo stress accumulato per la guida in stato precario. Uno dei passaggi fondamentali riguarda la prova. Ebbene sì, l’onere della prova che il guasto ha portato a un sinistro spetta al proprietario del veicolo che dovrà affidarsi a dei periti. Va detto però, che i giudici oggi si accontentano di verificare che vi sia “una elevata probabilità di correlazione”.
Non mancano tuttavia delle complicazioni. Qualora si trattasse di un difetto di fabbrica comune a tutti gli esemplari rilasciati, andrà dimostrato che è colpa della Casa madre che ha agito in maniera superficiale e non ha fatto i dovuti controlli prima dell’immissione sul mercato del mezzo.
Sebbene esistano poche sentenze di questo genere, deve rincuorare il fatto che i Tribunali italiani hanno sempre dato ragione al consumatore, costringendo il produttore a risarcire.