I piloti della MotoGP vivono un vero e proprio incubo, perché sono spesso costretti a doversi fermare per il medesimo problema.
Il MotoMondiale degli ultimi anni sta mettendo in evidenza una serie di grandissimi campioni, ma la Federazione forse sta abusando in termini di tempo e di pesantezza della stagione. Solo l’assenza del GP d’Argentina eviterà di far correre ai piloti 22 gare stagionali, che diventerebbero 44 contando anche tutte le Sprint Race del sabato.
La nascita di questa breve gara, ma comunque molto combattuta, ha fatto sì che nel suo primo anno di utilizzo portasse a una serie di infortuni molto gravi. Fin dalla prima prova dell’anno a Portimao vi erano stati già quattro infortuni, Pol Espargarò nelle prove libere, Bastianini nella Sprint e Marquez e Oliveira nella gara lunga della domenica.
Condizione che si è trascinata avanti per tutta la stagione, con il 2024 che sembra però essere iniziato sotto una luce diversa. I piloti stanno capendo come gestirsi nelle tantissime gare del Mondiale e nelle prime due prove della stagione, per ora per fortuna non si segnalano particolari incidenti.
Ciò che però sta aumentando sempre di più da diverso tempo a questa parte è un problema evidente per i piloti. Moltissimi infatti sono costretti a farsi operare in seguito a una serie di guai fisici spesso dettati dalla postura sulla moto. Ormai gli appassionati stanno iniziando a conoscere il termine “sindrome compartimentale”, ma c’è un motivo chiaro del perché tutto ciò accade proprio ai piloti.
Sindrome compartimentale: cosa è e perché ne soffrono i piloti?
L’ultimo in ordine cronologica che ha dovuto farsi operare per la sindrome compartimentale è stato il leader del Mondiale Superbike: il ducatista Nicolò Bulega. Questo problema lo ha condizionato in modo evidente in vista di Gara 1 a Barcellona, tanto è vero che l’italiano ha subito così la feroce rimonta in pista della BMW di Toprak Razgatlioglu.
La sindrome compartimentale è un problema che ormai a livello medico è a tutti gli effetti riconosciuta come la “malattia dei piloti di moto”. La motivazione è dettata dal duro sforzo che avviene tramite l’avambraccio, con questo che deve appoggiarsi al manubrio con forza. Il doloro viene generato proprio dallo sforzo che viene accentuato dalla postura che si ha quando si guida una moto.
Nel momento in cui si soffre di questa sindrome, si avvertiranno del gonfiore e in certi casi anche delle disabilità. Il pilota che soffre di questo problema vedrà aumentare sensibilmente la propria massa muscolare, con l’esercizio fisico post allenamento in pista che spesso è controproducente, in quanto va a ingrossare ancora di più i muscoli che possono così peggiorare questo problema.
Ciò che spaventa per ora anche la medicina è il discorso legato alla prevenzione. La sindrome è indotta dallo sforzo fisico, essenziale per un pilota professionista, per questo motivo è difficile anche bloccarla alla radice. Secondo quanto riportato dal dottor Giorgio Pivato, intervistato da DueRuote, circa il 14% dei piloti è predisposto a questa sindrome. Una malattia ormai sempre più nota tra gli appassionati e che ha causato non pochi problemi.