La competizione e la crisi economica che ogni tanto torna ad affacciarsi anche sul settore del mercato di auto e motociclette può mettere in seria difficoltà pure le case più storiche e potenti economicamente parlando: anche un mito italiano come Ducati può vivere un momento scuro…superato solo con un colpo di genio.
Si possono ribaltare le sorti di un marchio automobilistico o motociclistico con un solo modello? Certamente si, è successo più di una volta nella lunga storia del mondo dei motori. Ad esempio, la casa italiana più famosa di tutte sul mondo delle due ruote ha fatto una grandissima mossa di mercato con questo modello che ad oggi, rimane uno dei più apprezzati mai costruiti in quel periodo in Italia.
Gli anni sessanta e settanta non sono stati facili per il settore automobilistico e delle due ruote europeo che si è trovato improvvisamente per una combinazione di vari fattori a fare i conti con un “nemico” molto insidioso ovvero il mercato giapponese, capace di offrire prodotti equivalenti e in certi casi migliori di molto di quelli già venduti in Francia, Italia, Gran Bretagna e via dicendo a prezzi molto contenuti. Quel periodo è stato una doccia fredda per case come Austin e Fiat che hanno dovuto rivedere la propria politica imprenditoriale.
Anche case con un’importante settore di mercato dedicato alle due ruote come BMW e soprattutto Ducati hanno avvertito il tracollo ma hanno retto bene alla spinta del mercato orientale, la prima grazie al modello R90S e la seconda grazie ad un’intelligente gestione delle risorse sfociata nella costruzione di una due ruote ancora oggi iconica. Ma andiamo con ordine per ricostruire per bene la storia.
Alla fine degli anni settanta in seguito ad alcune vicende molto lunghe da ricostruire, la casa italiana Ducati sarebbe passata sotto il controllo statale, destino non diverso ad esempio da quello della British Leyland che avrebbe cessato di esistere, smantellata pezzo dopo pezzo da un governo che aveva intuito la gravità di una situazione impossibile da risollevare anche con investimenti statali.
Uno dei motivi principali per cui Ducati non ha fatto questa fine, e per fortuna, è l’intuizione geniale che ha portato alla costruzione di un modello molto speciale, l’equivalente degli anni settanta delle attuali supercar basate su auto di Formula Uno, grosso modo. Nel 1972 infatti, Ducati colse un’importante vittoria alla 200 miglia di Imola e decise di sfruttare l’occasione nel migliore dei modi sul mercato civile.
La vittoria diede nuova linfa vitale al marchio che combatteva proprio in quel periodo con le importazioni straniere, tentando di svecchiarsi e allo stesso tempo di proporre qualcosa di innovativo alla clientela. L’occasione arrivò con l’idea di proporre una versione civile della motocicletta che aveva portato a casa l’importantissima vittoria: un’idea, come vedremo tra poco, vincente.
Pesante meno di 190 chilogrammi ed equipaggiata con un motore a due cilindri da 75 cavalli, la 750SS era una superbike con i fiocchi: la sua velocità massima di 220 chilometri orari non sfigurerebbe nemmeno oggi con tutto il progresso intercorso in circa cinquant’anni di motociclismo sportivo. Il modello rilanciò l’immagine del marchio Ducati legato alla velocità ed all’impareggiabile potenza dei suoi prodotti.
La moto costruita in pochi esemplari – circa 1.200 a seconda delle fonti che potete consultare – diede il tempo a Ducati di riorganizzarsi con calma per ultimare gli altri progetti in cantiere destinati ad un pubblico più vasto mentre la Ducati 750SS soddisfava gli appassionati ed i centauri con il pallino per la velocità. Un modello iconico che anche per la sua rarità oggi costa tra i 165.000 ed i 220.000 Euro, una fortuna per una due ruote!