Produrre motorini e motociclette non è proprio la stessa cosa, lo potete chiedere direttamente al marchio Ducati che ha deciso di smettere di costruire mezzi di piccola cilindrata dopo una serie di fallimenti davvero umiliante. Forse, c’entra la troppa somiglianza con un modello ben più famoso, riuscite ad indovinare quale?
Capita molto spesso che un marchio esca dalla sua zona di comfort e riesca comunque a fornire alla clientela un ottimo prodotto ma più spesso, quando una casa produttrice passa dalle automobili alle motociclette o viceversa o addirittura a tutt’altro settore di mercato, la prima risposta del mercato non è positiva. Serve molta fortuna ed esperienza per produrre un motorino ben fatto, anche se sei una casa storica.
All’inizio degli anni cinquanta, la casa italiana Ducati fondata nel dopoguerra a Borgo Panigale decise che il settore delle motociclette le stava stretto: servivano più clienti per garantire al marchio entrate più importanti, motivo per cui il brand che seguiva con interesse lo sviluppo della Piaggio Vespa decise di espandersi su un nuovo settore di mercato: quello dei motorini.
Si, pochi lo sanno, ma la casa italiana molto più famosa per superbike come la 999 e la 1098R in passato ha prodotto anche un paio di scooter che teoricamente parlando non avevano nulla di sbagliato ma che per una serie di motivi che stiamo per vedere non furono baciati dal successo né da una buona risposta del pubblico.
Dal punto di vista meccanico il Ducati Cruiser 175 del 1952, primissimo scooter mai prodotto dalla casa, era davvero il massimo per l’epoca e rappresentava un notevole sforzo da parte del marchio italiano che non aveva esperienza nel settore: tra le innovazioni, un motore a quattro tempi da un cilindro, 175cc di cilindrata e 8 cavalli capace di spingere il veicolo ad 80 chilometri orari, l’avviamento elettrico e un cambio automatico inedito per i veicoli di questo tipo.
Il Cruiser insomma era un mezzo molto interessante e cosa non da poco, molto brioso per l’epoca e per la categoria a cui apparteneva, termine che ci tornerà familiare tra poco, ma venne penalizzato da due fattori: era troppo simile alla Vespa, ovviamente, come molte motorette dell’epoca e costava una piccola fortuna con un prezzo di listino di ben 320.000 Lire che per uno scooter era proprio una follia. Ne vennero venduti meno di 1.000 prima che la casa interrompesse il progetto. Per una decina d’anni, almeno.
Lungi dall’aver abbandonato il suo piano di conquista del settore delle motorette di piccola cilindrata, la casa italiana tornò all’assalto una decina di anni più avanti con un modello decisamente meno pretenzioso e più in linea con i gusti del cliente medio italiano del periodo: il nuovo scooter si chiamava Ducati Brio ed arrivò nel 1963 in occasione del Salone di Milano a cui fu presentato in pompa magna.
Disegnato dall’architetto Gio Ponti il mezzo esibiva una grande somiglianza con la Vespa, ancora una volta, ma del resto, in quel periodo le motorette italiane si assomigliavano un po’ tutte. Il veicolo in ogni caos non ebbe successo perchè proprio la concorrenza di Piaggio ed Innocenti con la sua Lambretta lo tagliò decisamente fuori dal mercato dato che i clienti restarono in linea di massima vicini ai marchi più blasonati.
Tecnicamente parlando il Brio era molto meno interessante del Cruiser 175 ma più semplice ed economico: il suo motore da 49cc ricordava molto di più quello di un moderno cinquantino anziché di una superbike in stile Ducati ma la casa produsse anche qualche unità con motore da 100cc che vene utilizzata soprattutto dai Vigili Urbani per compiti istituzionali. Nel 1967, il Brio uscì di produzione in silenzio spingendo la casa a non tentare mai più un’impresa di questo tipo.