Una notizia che scuote il mondo dell’industria automobilistica europea: il gigante si prepara a chiudere due storici stabilimenti in Francia.
C’era una volta il sogno industriale europeo. Grandi fabbriche, migliaia di operai, una produzione che non conosceva sosta. Oggi quel sogno sembra sbiadire, come una vecchia fotografia in bianco e nero. La notizia arriva dalla Francia, dove Michelin – storico produttore di pneumatici che ha fatto la storia dell’automobile – ha annunciato una decisione che nessuno avrebbe voluto sentire.
Gli stabilimenti di Cholet e Vannes abbasseranno le saracinesche per sempre. Come quando si spegne la luce in una stanza troppo grande, il buio che seguirà lascerà un vuoto difficile da colmare. Non è solo la crisi dell’auto a pesare su questa scelta. È tutto il sistema produttivo europeo a mostrare le sue crepe, con costi energetici impossibili da sostenere e un’inflazione che morde come un cane rabbioso.
La fine di un’epoca
L’11 novembre le macchine si fermeranno. Un silenzio irreale avvolgerà i capannoni dove per decenni il rumore del lavoro ha scandito il tempo di intere generazioni. La chiusura definitiva è prevista per il 2026, ma il destino è già segnato per 1.254 lavoratori. Numeri freddi che nascondono storie di vita vera, di mutui da pagare, di figli da mandare a scuola.
Michelin non vuole però fare la parte del cattivo padrone. Ha messo sul piatto un piano di sostegno che cerca di non lasciare indietro nessuno. Chi è più anziano potrà andare in pensione prima. Altri verranno trasferiti in altri stabilimenti. Per chi dovrà cercare un nuovo lavoro, l’azienda promette un sostegno economico: fino a 400 euro al mese per tre anni per compensare eventuali stipendi più bassi.
Non è la prima volta che il colosso francese deve affrontare chiusure simili. In passato ha dimostrato di saper gestire queste situazioni creando nuove opportunità di lavoro nelle aree colpite. Questa volta ha stanziato 330 milioni di euro per gestire la transizione, una cifra che dimostra quanto sia serio l’impegno.
Gli stabilimenti che rimarranno aperti verranno modernizzati. La strategia è chiara: puntare su prodotti di alta gamma, quelli che ancora possono competere con la concorrenza asiatica. Ma resta l’amaro in bocca per un’Europa che sembra perdere pezzi della sua storia industriale, come un puzzle che si scompone lentamente.
Le trattative con i sindacati inizieranno presto. Saranno mesi difficili, di discussioni accese e compromessi necessari. Nel frattempo, migliaia di famiglie guardano al futuro con preoccupazione, sperando che le promesse di ricollocamento non restino solo parole sulla carta.