La moto può ustionarti e fare gravi danni. La testimonianza ufficiale arriva direttamente dalla Ducati.
Oggi la vediamo dominare in MotoGP e vincere gare in SBK, ma la Ducati nelle competizioni non è sempre stata di successo, anzi, al contrario, per arrivare ad ottenere i risultati odierni ha dovuto faticare molto, spesso per via di una concorrenza più capace di lei ad individuare le soluzioni migliori per essere incisiva e decisiva. L’anno della svolta per Borgo Panigale è arrivato nel 2013 quando un esperto e geniale ingegnerie proveniente da un altro costruttore italiano, ha cominciato a porre i primi mattoncini per il rilancio.

Piano piano la moto è diventata più guidabile e i piloti sempre più in grado di gestirla senza faticare come in passato. A questo proposito, riavvolgendo il nastro, una persona molto vicina al marchio italiano ha ripercorso le fasi più dure della sua militanza in azienda, ricordando come un modello nello specifico poteva essere causa di danni molti gravi e addirittura poteva provocare ustioni a chi in quel momento era in sella.
Ducati, dal pericolo ustione, alla ruota deformata, il collaudatore racconta la “prima” Desmosedici
Pecco Bagnaia e Jorge Martin nella top class del Motomondiale e Alvaro Bautista tra le derivate di serie, sono i nomi dei rider che di recente hanno portato il brand nostrano alla gloria. Prima di loro il vuoto e per trovare qualcuno con qualità tali da riuscire a domare una belva scorbutica quanto affascinante quanto la Rossa su due ruote bisogna tornare al 2007 con Casey Stoner. Da allora le criticità affrontate dalla Casa emiliana per tentare di risollevarsi sono state tante.
Le ha volute raccontare in esclusiva al sito Insella.it Vittoriano Gurareschi, all’epoca collaudatore ufficiale. In particolare il tester si è soffermato sugli intoppi incontrati in MotoGP, dove corrono a suo dire bolidi “dalla potenza specifica mai vista“. “La prima Ducati era qualcosa di incredibile – ha detto – La GP2 non stava con la ruota davanti a terra fino alla quarta marcia e a 320 km/h la stessa si deformava per effetto della forza centrifuga“.

Il 53enne ha quindi rimarcato quanto le prime uscite in pista siano state all’insegna del pericolo alla luce di diversi aspetti tecnici che non funzionavano. “Lo chassis fletteva e lo stesso le pedane. Il radiatore non sfogava e sulle braccia ti arrivava dell’aria ustionante. Questo portò a numerosi studi in galleria del vento“, ha concluso.